Castellengo è un bellissimo borgo medievale che si vede facilmente da una delle statali che tagliano la Provincia di Biella e che portano le auto verso le montagne poco distanti. Defilato verso una delle poche aree collinari di quella zona, Castellengo è rinato negli ultimi decenni dopo che per anni era stato dimenticato ed abbandonato. La parte più bassa con qualche cascina ed abitazione e poi arroccato un po’ più in alto il vero e proprio borgo, con tanto di mura e castello.
Proprietà, il castello, di una nobile famiglia che a metà Novecento si è ritrovata senza più un erede, è stato dismesso ed i pochi braccianti che lo abitavano si sono trasferiti altrove.
Bisogna tenere a mente chel’Alto Piemonte era una delle zone di produzione vinicola più importanti a cavallo dell’Ottocento e Novecento e Castellengo ne era l’estremo occidentale. Poi lo svuotamento delle campagne e lo stabilizzarsi di Biella come fulcro dell’industria tessile hanno fatto sì che i vigneti venissero abbandonati e le cantine riutilizzate per altri scopi. In cima al borgo per più di 40 anni si era smesso di fare vino fino all’arrivo di Magda ed Alessandro, che piano piano hanno ridato vita a vigne dismesse e cominciato a produrre vino di qualità e di territorio. Un territorio, quello ad ovest del fiume Sesia, relativamente giovane a livello geologico, pieno di terreni sabbiosi e ghiaie, che permette di donare grande finezza e freschezza ai loro Nebbioli.
Sabbia -> Mare -> Conchiglie
Vicini eppure lontani dalle denominazioni che si sono ormai ritagliate uno spazio importante sui mercati esteri (si pensi a Gattinara e Lessona), i ragazzi di Centovigne proseguono a lavorare con l’obbiettivo di ridare spolvero al vecchio Castello di Castellengo.
Francesco ha deciso di vivere in Piemonte per amore, non di una persona ma di un’uva: la Barbera.
Trasferitosi dal Veneto per fare un’esperienza lavorativa in una delle più belle realtà del vino naturale piemontese, ha velocemente realizzato che quello spicchio d’Italia era perfetto per ospitare lui e la sua idea di vino.
A Nizza Monferrato ha portato non solo la sua esperienza nel mondo del vino ma soprattutto il suo sogno di viticoltura e di vino, il desiderio di farlo alla sua maniera.
Ha cominciato con il trovare la cascina, poi ha proseguito con il rimetterla a posto e con il graduale passaggio della vigne ad una conduzione naturale.
Ogni anno è un nuovo passo nella direzione del Suo vino e del territorio, una scoperta che tira l’altra. I suoi vini infatti mostrano questa curiosità quasi infantile, questa voglia di provare e riprovare.
Il Favonio, il vino bianco della cavagna, è frutto di anni di esperimenti di vini bianchi ottenuti con macerazioni sulle bucce; la Comediè è un vino facile da bere, prodotto con una tecnica di spumantizzazione meno invasiva rispetto al metodo tradizionale.
Il Pau Pau è un inno alla Francia, al Beaujolais e ai suoi vini a basa Gamay: un Dolcetto fatto in macerazione carbonica e poi affinato in bottiglia.
Trovate tutto sulla pagina dedicata alla cavagna di Tenuta Foresto e anche le singole bottiglie disponibile sulla pagina “Tutte le bottiglie“.
Ora godetevi il video, sempre opera di Martino Zattarin.
Non lontano dalle dolci colline di Langa e dai calanchi roerini, si trova una zona che ha dedicato la sua esistenza vitivinicola alla Barbera e che le ha fatto raggiungere livelli insperati di qualità e longevità.
Questa fazzoletto di terre, frazionato su quasi 20 comuni della Provincia di Asti, ha preso il nome dalla principale città che ne è anche centro nevralgico e sede dell’Enoteca regionale: Nizza Monferrato.
La Nizza DOCG, creata ad hoc nel 2012, nasce per dare ancora più valore e lustro ai centinaia di produttori che da anni producono alcune delle migliori Barbere del mondo: ricche, potenti, longeve, capaci di duellare con i grandi vini da invecchiamento.
Di questi vini è finita per innamorarsene Renata, milanese di nascita ma piemontese d’adozione, che per seguire il cuore ha rilevato la cantina Dacapo ad Agliano Terme e l’ha fatta ripartire.
Di seguito riporto la recensione dell’articolo che Andrea di Enoplane ha scritto sul suo blog enogastronomico “schietto”. Una piccola realtà, come piace a noi, piena di spunti e riflessioni interessanti sul cibo e sul vino. Grazie per le tue parole sincere.
“Classe 1991, Giorgio è uno dei miei “amici di Instagram“. Quelli di cui a casa, nonostante non sia mai riuscito a incontrarli, parlo con un tale trasporto che Pula finisce sempre per ridacchiarsela sotto i baffi… Per questo motivo, sono stato molto entusiasta quando mi ha chiesto di provare la sua nuova creatura enoica. Quale creatura? Facciamo un passo indietro… Grande appassionato di ristorazione, meglio se piemontese come lui, dopo una laurea in psicologia e diversi anni a cercar fortuna in Australia, sopratutto nel mondo della distribuzione del vino, torna in Italia con tanta nostalgia di casa e l’intenzione di creare un progetto che gli permetta di unire le sue passioni alla sua esperienza lavorativa e alla sua atavica voglia di connettersi con il mondo. Ritrovandosi spesso a girovagare con il motorino alla ricerca di cantine a lui sconosciute, all’improvviso arriva l’illuminazione. Perché non permettere a tutti di poter godere dei frutti del suo girovagare per l’amato Piemonte? Nasce così, alla fine del 2021, Vin e Nata – Vini e Territori Piemontesi, una rivendita online con il dichiarato fine di portare a casa nostra il vino dei piccoli produttori che più entusiasmano Giorgio nel suo viaggio senza fine, ovviamente in Piemonte.
Cavagna “Cascina Gentile”
Per farlo si serve di quelle che chiama “Cavagne” (le ceste in cui i contadini posano l’uva raccolta in vendemmia), in realtà delle scatole dal packaging curato che contengono tre significative bottiglie del produttore in questione, una brochure contenente la presentazione dell’azienda e una breve guida alla degustazione creata appositamente da lui. Le cavagne rimangono a disposizione sino all’esaurimento delle bottiglie e incluso nel corrispettivo, circa una quarantina di euro, sono già conteggiate le spese di trasporto con corriere espresso.
Per farti un’idea più precisa sul contenuto dell’offerta, sappi che sino a oggi, oltre a quella che ho ricevuto io dedicata ai vini di Cascina Gentile, sperando di non essermene persa qualcuna, sono uscite le seguenti:
Garage dell’UVA, Anfiteatro Morenico di Ivrea (Settimo Rottaro – TO).
Il progetto di Giorgio mi è piaciuto molto, a prescindere dall’amore che provo per la mia regione “paterna”. Preciso, semplice e puntuale, non rompe troppo le balle alle enoteche cittadine(aspetto per me assolutamente non trascurabile), dimostra un grande potenziale, anche internazionale ed è composto da etichette artigiane che realmente gli sono piaciute, scelte senza il condizionamento di mode o estremismi tanto in voga nel mondo del vino contemporaneo. In alternativa all’acquisto online della singola offerta, a oggi non è previsto un servizio continuativo in abbonamento, ma sono convinto che una proposta del genere, magari a un prezzo ancora più vantaggioso, potrebbe invogliare i numerosi amanti del Piemonte e dei suoi vini a fidelizzarsi.
Tanto del futuro di Vin e Nata dipenderà proprio dalla selezione delle cantine, non parlo di blasone eh, mi riferisco più all’opposto, a cosa saprà scovare e a come saprà raccontarlo (ottima l’idea del blog), ma oramai conoscendolo, se il motorino regge, sono convinto che ne vedremo delle belle. Cavagne eh.“
Cascina Val del Prete sono 10 ettari incastonati in una delle aree del Roero più vocate alla produzione vitivinicola.
Quattro generazioni di coltivatori fortemente radicati nel comune di Priocca, al confine tra la provincia di Asti e quella di Cuneo, che hanno avuto una svolta decisiva quando il nonno di Giovanni, l’attuale proprietario, è riuscito a passare da mezzadro a proprietario dei terreni che coltivava grazie alla fiducia che il Conte di Priocca gli ha dato nel momento in cui decise di vendere i terreni.
Da quel momento la famiglia Roagna ha per anni continuato con un’agricoltura integrata, allevamento di bovini e produzione di vino per il loro consumo. Mario, il padre di Giovanni, si è deciso a dedicarsi completamente alla viticoltura e dare dignità ad una terra che aveva un estremo bisogno di essere valorizzata.
Biologici da più di vent’anni e con produzione proveniente dai vigneti di proprietà, Giovanni ha preso da ormai qualche vendemmia le redini dell’azienda ed è intenzionato a continuare il progetto che suo padre e suo nonno avevano iniziato.
I vigneti non vedono chimici, diserbanti e fitofarmaci, il lavoro in cantina è minuzioso, al confine con il maniacale per quanto riguarda l’ordine e la pulizia.
Risultato? Vini espressivi prodotti con sole uve locali, ritratti precisi ed attenti che riflettono la storia di questa area e di questa azienda famigliare: realtà che il mondo ci invidia.
Al momento sul nostro sito è disponibile “Bizzarro“, l’Arneis su cui Giovanni ha voluto sperimentare una sosta di tre giorni sulle bucce per i grappoli meglio esposti e più maturi. Il colore è dorato, brillante e limpido. Al naso conserva le caratteristiche varietali di mela e pera, fiori bianchi, con un extra di frutta gialla matura. Il palato è fresco ma ricco, con un lungo finale dissetante.
Il nostro viaggio in Piemonte continua in direzione Nord: dopo la fermata nei Colli Tortonesi, ci aspetta un viaggio di un paio d’ore per raggiungere questi luoghi e le loro colline ricche di vigne.
Il fiume Sesia divide le province di Vercelli e di Novara ed attorno ad esso si sviluppano le città di Gattinara, Ghemme, Boca: piccoli centri urbani conosciuti alla maggior parte degli amanti del vino per la qualità e la longevità dei vini.
La diversità dei terreni è notevole e permette ai vignaioli di ottenere prodotti unici, introvabili in altre parti del Piemonte: si trovano terreni di origine glaciale nella zona di Gattinara e Ghemme, di origine marina più ad Ovest a Lessona e di origine vulcanica a Boca e Bramaterra.
Cascina del Buonumore, Boca
Ma la peculiarità di questi posti non si ferma al solo terreno ma prosegue con le uve utilizzate; la vicina Lombardia ha avuto sugli abitanti della zona una forte influenza culturale e commerciale, tale da favorire maggiormente gli scambi con commercianti lombardi più che con quelli del resto del Piemonte.
Questo ha portato i viticoltori locali a preferire da sempre uve tipiche della regione lombarda: la Vespolina, l’Uva Rara, la Croatina. Persino il Nebbiolo, che qui rimane l’uva principale, da queste parti viene chiamata Spanna, come a sottolineare ulteriormente la differenza tra loro ed il Piemonte. Una terra unica che si sta scoprendo meta enoturistica per singoli appassionati o di rumoreggianti comitive: d’altronde “andôva j regna ‘l vin a-j regna nen el silensi”, dove regna il vino non regna il silenzio.
Non è certo la prima volta che spiego ad una persona cosa sia Vin e Nata, ma con la telecamera a riprendere è tutta un’altra storia.
Non è stato facile condensare in pochi minuti di conversazione un percorso di mesi, forse di anni, che ha portato a questo esperimento che muta di giorno in giorno. C’è ancora tanto su cui lavorare, tanto da migliorare ma quando il motivo per cui fai qualcosa è la passione, tutto diventa più leggero. Spero possiate trovare l’intervista interessante e vi invito ad andare a curiosare per il sito.
Arrivare a Tortona non è complicato, anzi: nei secoli questa città situata nell’angolo sud-est del Piemonte è stata centro di scambio e di commerci tra i popoli della penisola e quelli d’Oltralpe.
La storia di Tortona è iniziata con i romani e il piccolo centro ha saputo mantenersi rilevante nel tempo per via della vicinanza al fiume Po e alla Pianura Padana.
È però poco lontano che si trova il territorio della nostra terza tappa: una zona collinare bucolica, salvata dai capannoni e dalle industrie che hanno reso la città di Tortona ricca. Dolci colline su cui si alternano cascine, boschi e campi con vista sulla pianura e sulla vicina ma distante città.
Castellania, Costa Vescovato, più a nord Monleale, nomi che a molti richiamano alla memoria le imprese di Fausto Coppi, il più grande ciclista italiano che su queste colline ha imparato a pedalare e a vincere la fatica.
Borghi dimenticati dalle loro popolazioni, che negli anni 70 ed ’80 hanno preferito la città con le sue comodità e le sue garanzie economiche e che ora stanno lentamente tornando indietro verso le loro origini.
Se la fabbrica ha svuotato i paesi delle colline tortonesi, il Timorasso e la sua unicità li sta ripopolando.
Un’uva che ha bisogno di anni per esprimere tutta la sua complessità, un vino rosso mascherato da bianco: “se il Barolo fosse un bianco, sarebbe il Timorasso”.
E se è vero che, come dicono da queste parti, Ël vin pì bun al’è cul ch’as beiv cun ij amis (Il vino più buono è quello che si beve con gli amici) per gustare al meglio le bottiglie della prossima cavagna dedicata ai vini di questo territorio, vi suggeriamo di stapparle in ottima compagnia 😉